Da dove arriva il petrolio italiano? E perché sta tornando centrale per l’economia nazionale
In un contesto globale segnato da forti tensioni geopolitiche, l’Italia ha dovuto ripensare radicalmente la propria strategia energetica. Dopo anni di dipendenza da fornitori come la Russia e alcuni Paesi mediorientali, Roma si è trovata costretta a diversificare in fretta le sue fonti di approvvigionamento. E mentre i riflettori tornano sull’Africa — in particolare sulla Libia — emergono anche nuove opportunità per i piccoli investitori, grazie a piattaforme come Petrolio Italiano Investimento, che consente di partecipare direttamente al mercato del greggio con strumenti accessibili e semplificati.

Secondo i dati forniti da UNEM (Unione Energie per la Mobilità ), da gennaio ad agosto 2024 l’Italia ha importato 8.450.000 tonnellate di greggio dalla Libia, pari al 22,3% del totale. Si tratta di un balzo del +23,5% rispetto allo stesso periodo del 2023. La Libia torna così a essere il primo fornitore del nostro Paese, come non accadeva da oltre dieci anni.
Nel complesso, l’Africa ha fornito 13.780.000 tonnellate di petrolio all’Italia, equivalenti al 36,4% del totale e con un aumento dell’11,9% rispetto al 2023. Oltre alla Libia, anche Algeria, Nigeria e Angola svolgono un ruolo chiave nell’alimentare la domanda nazionale.

Esclusione della Russia e il ruolo dei Paesi ex URSS
A causa del conflitto in Ucraina e dell’allineamento dell’Italia con le sanzioni europee, le importazioni dalla Russia sono azzerate. Tuttavia, l’Italia continua a ricevere greggio da altri Paesi dell’ex blocco sovietico. In particolare:
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Azerbaijan: 6.345.000 tonnellate (16,7% del totale), con un calo del
-13,8%
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Kazakistan: 5.726.000 tonnellate (15,1% del totale), in crescita del
+30,2%
Nonostante il contesto complesso, questi due Paesi rappresentano oggi quasi un terzo delle importazioni italiane.
Calano le importazioni dal Medio Oriente e dalle Americhe
La situazione nel Mar Rosso, aggravata da episodi di pirateria e instabilità politica, ha avuto un impatto significativo sulle importazioni dal Medio Oriente, che si sono fermate a 6.323.000 tonnellate, con un crollo del -26,5% rispetto al 2023.
Anche il continente americano mostra una flessione, soprattutto per via del forte calo dell’import dagli Stati Uniti: -30,2% rispetto all’anno precedente, con un totale di 3.236.000 tonnellate.
L’Europa resta marginale
L’Unione Europea incide molto poco sul nostro approvvigionamento petrolifero: solo 1.186.000 tonnellate tra gennaio e agosto 2024, pari al 3,1% del totale, in calo del -23,9%.
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Conclusione: nuove rotte, nuove opportunitÃ
L’Italia sta scrivendo una nuova mappa delle sue forniture energetiche. La centralità dell’Africa, l’uscita dalla dipendenza russa e la ricalibrazione delle relazioni con il Medio Oriente stanno modificando equilibri che parevano consolidati. In parallelo, si stanno aprendo nuove strade per chi vuole investire, anche con piccoli capitali, in un settore storicamente riservato ai colossi.
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